Monete bizantine

monete bizantine

Monetazione bizantina

Dopo la caduta dell’Impero Romano d'Occidente, con la riforma monetaria di Anastasio (491–518) del 498 d.C. si ha l’inizio nell’Impero Romano d'Oriente della monetazione bizantina; questo fu l'ultimo sistema monetario dell'Impero Romano, ed era basato sul nummo come moneta in bronzo e sul solido come moneta d'oro.

Il nummo era una moneta molto piccola (circa 8-10mm), tanto che venivano utilizzati suoi multipli, il più comune dei quali era il follis con un valore di 40 nummi. Sul dritto di queste monete venivano raffigurati immagini stilizzate dell’imperatore, mentre sul retro era riportato il valore della moneta secondo il sistema numerico greco (E=5, I=10, K=20, M=40).

 

La moneta d’oro era il solido (solidus), con i suoi sottomultipli che erano il semisse (pari a 1/2 di soldo) e tremisse (pari a 1/3 di soldo). Il solido aveva un valore corrispondente ad 1/72 della libbra romana, pari a 4,5 grammi.

solido di Bisanzio solido di Bisanzio

Le monete in argento erano poco utilizzate, anche se venivano coniati il miliarense (miliarensis) e la siliqua, aventi un valore pari a 1/12 ed a 1/24 del solido.

Caratteristica del solido, al centro del sistema monetario, era la legenda COMOB che appariva sulla moneta, abbreviazione del titolo Comes Sacrarum Largitionum (conte delle sacre elargizioni), autorità che controllava le le finanze dell'impero a partire da Costantino, mentre OB (=obryzum) era ad indicare la purezza dell’oro. I tipi di solido si mantennero abbastanza stabili: sul dritto era rappresentato il busto dell’imperatore, senza nessuna connotazione fisionomica, mentre al rovescio era riportata l'immagine della Vittoria con la croce e il globo crucigero; dopo Giustiniano questa immagine venne sostituita dalla personificazione di Costantinopoli. Una successiva trasformazione dell'immagine rappresentata sul retro fu l'adozione sotto Tiberio II (578-582) di una croce potenziata su gradini, immagine che fu utilizzata a meno di un breve periodo sotto Maurizio Tiberio (582-602).

Dal 538, anno della riforma di Giustiniano (527-565), le monete in bronzo recarono elementi di identificazione, quali la datazione, l'indicazione della zecca ed altri contrassegni a garanzia del valore della moneta stessa. Come moneta di argento si continuava ad emettere la siliqua.

Quando l’oro cominciò a scarseggiare, si ricorse alla emissione di monete in argento di tipo esagramma (così chiamato per il suo peso pari a sei scrupoli, cioè 6,7g). Questa moneta, utilizzata per le spese militari, fu largamente utilizzata anche dai mussulmani, con il risultato di esaurire le casse dell’impero. Sotto Costantino IV (668-685), infatti, fu necessaria una progressiva riduzione delle sue emissioni. Analogamente, anche le monete in bronzo venivano ridotte di peso: il follis si riduceva a meno di un terzo del suo valore iniziale, mentre le sue frazioni furono eliminate dalla circolazione; dopo Costante II (641-668) le emissioni in bronzo furono estremamente ridotte.

Nel 721 Leone III ripristinò il miliarense in argento utilizzato precedente nel IV secolo, con un valore di 1/1000 di libbra d’oro e di 1/12 di solido; questa moneta riportava al dritto una legenda in onore di Christus Victor. Questa immagine fu utilizzata per poco più di un secolo e nel 843 Michele III reintrodusse l'immagine di Cristo benedicente. Il miliarense finì per sostituire definitivamente le frazioni delle monete in oro, stabilizzando il sistema sull'uso del solido per le monete in oro, del miliarense per le monete in argento e del follis per le monete in bronzo.

Questo sistema durò per un periodo abbastanza lungo, pur con la solita progressiva riduzione di valore specie delle monete in oro; a seguito di questa svalutazione Niceforo Foca (963-969) introdusse un solido leggero, detto tetarteron, caratterizzato da un peso pari a tre quarti di quello del solido originale; quest'ultimo venne rinominato histamenon e prodotto con una lega del 70% in oro.

La svalutazione delle monete proseguì nella seconda metà dell’XI secolo sotto gli imperi di Michele VII (1071-1078), Niceforo III (1078-1081) e Alessio I Comneno (1081-1118). Per quanto riguarda le monete in oro, la percentuale di metallo prezioso si ridusse fino al 10% , utilizzando leghe con percentuali sempre maggiori di argento e rame. Analogamente, anche la percentuale d'argento nel miliarense  si ridusse progressivamente, con sempre maggiori percentuali di rame, come accadde anche per le monete in bronzo, con una percentuale sempre maggiore di piombo. Alessio I Comneno (1081 - 1118) introdusse una nuova moneta di oro chiamata iperpero (hyperperum), dal greco hypérpyros, cioè fiammante. Le frazioi dell'iperpero furono prodotti in elettro (lega di oro al 75% di argento) e in biglione (rame argentato), analogamente a quanto fatto nel III secolo con gli antoniniani e i denari. Il rapporto tra il valore dell’oro e quello del bronzo restò invariato, con 1 iperpero che valeva 288 follis.

Andronico II Paleologo nel 1295 accanto all’iperpero introdusse il basilikòn, una moneta di argento che si rifaceva al grosso veneziano. In un intervallo di tempo di circa cinquanta anni, il basilikon sostituì l’iperpero, che fu, però, ancora utilizzato come moneta di conto. Contemporaneamente veniva introdotto assarion come moneta in bronzo.